“Questo poeta mente…”: la Tartaruga di Trilussa che “prima de morì” voleva vedere le stelle.

“Questo poeta mente…”: la Tartaruga di Trilussa che “prima de morì” voleva vedere le stelle.

Qualche sera fa una cara amica mi ha fatto il regalo di questa poesia di Trilussa. Un regalo che sarebbe stato bello sempre ma, in queste giornate di dolore per tutti noi italiani, lo è ancora di più. Per tanti motivi.

Intanto ci sono due animali e mi sono accorta di guardare diversamente i bau bau pelosoni che incontro in questi giorni, conscia delle loro facoltà salvifiche, che hanno quasi del miracoloso. Inoltre è un inno alla vita, intenso nella volontà di viverla. Quella vita delicatissima, magica. Vivere non è respirare. Vivere è riempire di significato ogni respiro.

Quell’atto di coraggio ed amore della vita che compie la Tartaruga della poesia, superando i suoi limiti fisici per vedere le stelle. L’anelito, il sensucht lo chiamavano i romantici tedeschi, la bramosia di raggiungere l’oltre umano. A farle da oppositore è il Rospo, che, con la saggezza invidiosa dei vinti, le ricorda che sognare è per pochi ed è ’pericoloso’. Quanti rospi abbiamo incontrato ed incontriamo ogni giorno?! In virtù di aver barattato i loro sogni e l’aspirazione al cambiamento, si sentono in diritto di ricordarci di percorrere le solite vie, caute ma totalmente prive di vita. Onorare il respiro che ci è concesso ogni giorno è vivere come la Tartaruga, facendo anche forse un passo più lungo della gamba, come il Rospo arreso ed avvizzito ha premura di sottolineare alla Tartaruga, ma riempiendo di significato la vita con desideri e la volontà di farli nostri. Costi quel che costi “vedo le stelle”.

Mentre, una notte, se n’avvava a spasso,

la vecchia Tartaruga fece er passo

più lungo de la gamba e cascò giù

co’ la casa vortata sottinsù.

Un Rospo je strillò: – Scema che sei!

Queste so’ scappatelle

che costeno la pelle…

– Lo so: – rispose lei –

ma, prima de morì vedo le stelle.

Laura De Santis

 

 

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