Lo sguardo di Medea (e di Pier Paolo Pasolini)

Lo sguardo di Medea (e di Pier Paolo Pasolini)

1969. Siria. Set di Medea. Esterno giorno. Maria Callas la Divina indossa un enorme copricapo, Pier Paolo Pasolini dà indicazioni a lei, poi alla troupe, di nuovo sorride a lei. La Cantante che ha rivoluzionato il teatro d’Opera, appunto per la forza di attrice nel suo cantare, è interprete di Medea. Recita. E’ necessario un salto indietro nel tempo.

1968. Parigi. Interno notte. Maria è nella sua casa, morta nell’anima. Aristotele Onassis, il suo grande amore che lei chiama solo Ari, ha appena sposato Jackie, vedova di John Kennedy. Per giunta nell’isola di Skorpios, luogo che ha visto la felicità dell’amore di Maria e Ari. Un oltraggio aggiunto all’oltraggio.

Un matrimonio di interesse per entrambi: Onassis sa che il nome Kennedy apre il mercato americano alle sue navi, Jackie è priva di risorse economiche. Si vendono reciprocamente, di fatto. Ma Maria, donna passionale, sensibilissima e colma d’amore, ne viene uccisa. Umiliata di fronte al mondo intero, assassinata in se stessa, ne riceve un colpo mortale. In più, da quando lui è entrato nella sua vita nel 1959, Maria sempre meno si dedica al canto, non studia più, non canta più.

Dirà più avanti che ha iniziato a morire proprio quando ha smesso di cantare. Tra l’altro Onassis non smetterà mai di entrare ed uscire dalla vita di questa donna. Già poco dopo il matrimonio, dagli Usa Jackie va a riprenderselo proprio a Parigi, dove era andato per vedere Maria, che, incapace di allontanarlo definitivamente e con forza, cedeva ad aprirgli la porta.

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Per cui ecco arrivare Pier Paolo Pasolini, come un angelo di Vita, ad offrirle la parte di protagonista del suo prossimo film. Vuole che reciti. Lei, che non canta come si deve da anni (e che non ha più davvero l’energia per farlo, dopo il colpo mortale ricevuto da quel matrimonio laido), accetta entusiasta. La vita risorge in lei, donna curiosa, di cuore e di fuoco.

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La simpatia, il riconoscimento di anime nasce immediato tra Pier Paolo e Maria. In una lettera successiva a lui, lei dirà: ”Noi siamo molto legati spiritualmente, come raramente è concesso di esserlo.”  Un rapporto saldissimo ed affettuoso che dura fino alla scomparsa di lui nel 1975, anno in cui morirà anche Onassis, anno in cui di fatto muore Maria, che trapasserà fisicamente nel 1977 ma che disse che dopo tutti questi lutti non le restava più alcuno al mondo. Addirittura Maria, ignorando l’omosessualità di Pier Paolo, scambia l’affetto e le attenzioni che lui le rivolge per innamoramento, cosa che in fondo non può stupirci perché un grande dolore quale lei aveva subìto può portare a ricercare una riparazione d’amore in chiunque.

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Maria è Suprema nella sua interpretazione di questa Medea, tratta dal dramma di Euripide. E’ l’Archetipo Incarnato di Medea stessa, Donna tradita nell’Amore ed Umiliata, colei che perde tutto. Gli occhi, signore e signori. Maria parla, recita con i suoi immensi occhi. Certo, parla, ha dialoghi. Ma il suo sguardo basta. Mi è stato raccontato direttamente, da vari cantanti che l’hanno vista in teatro, che era sufficiente l’entrata di Maria in scena perché tutta l’attenzione del pubblico convergesse su lei. Il Carisma totalizzante, per cui nessuno esisteva più. Ecco chi era questa Donna, potentissima come una Dea. Ed è così che Pier Paolo la fa impiega. Come Dea a compiere il rito dello svelamento di alcuni tratti di un essere umano addolorato e dilaniato. Trovando in lei, che in opera lirica è ancora oggi considerata l’interprete di riferimento per la Medea di Cherubini, la perfetta incarnazione dell’eternità della tragedia greca, il logos stesso.

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Sfogati pure con me, come mi sono sfogata io a te tante volte. T’abbraccio forte con tanto affetto e sono sempre credimi la tua migliore amica (presunzione forse)” scriveva Maria a Pier Paolo nel 1971, dopo che lui gli aveva parlato di suoi problemi sentimentali. Senza presunzione ma con assoluto, puro senso di realtà vogliamo farci interpreti di Pier Paolo e dirti, Maria, quello che hai sempre saputo: sì, so che sei la mia migliore amica. Perché le anime che sono fatte della stessa sostanza sono sorelle.

Questo è l’intero film di Medea. Potete scorrerlo, fermare le immagini sulle espressioni potenti di Maria (per es. ad un’ora e 6 minuti quanti mondi scorgiamo negli occhi che si aprono e la piccola ruga in mezzo alle sopracciglia che si increspa?! E non si riferisce forse a se stessa ed al canto quando, nella stessa sequenza un minuto dopo dice di essere ora solo ‘un vaso vuoto di un sapere non mio’. Badate: assistiamo al miracolo di ascoltare la voce ‘di parola’ di Maria, doppiata da se stessa), insomma fatene ciò che meglio credete. Ma vedetelo. Con riconoscenza. Ce lo hanno consegnato due anime di diamanti di fuoco.

Laura De Santis

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“Medea” di Pier Paolo Pasolini

 

Laura De Santis

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