Deanerys Targaryen, le malattie mentali sono davvero ereditarie?

Deanerys Targaryen, le malattie mentali sono davvero ereditarie?

Il repentino cambiamento di Deanerys Targaryen, nella serie Game of Thrones, ha riportato alla ribalta un eterno dilemma nel mondo della ricerca sulla patologia mentale: quanto delle malattie mentali é ereditario e quanto invece dipende dal contesto e dalle esperienze vissute.
Ne parliamo in questo articolo.

Attenzione spolier!
Se non avete visto l’episodio 8X05 di Game of Thrones non andate oltre queste righe!

Un famoso dilemma nel mondo della ricerca è quello di determinare quanto delle malattie mentali sia ereditario e quanto invece dipenda dal contesto e dalle esperienze vissute.
In pratica l’eterna lotta tra Natura e Cultura.

Questa stessa domanda la stanno ponendo i fan di Game of Thrones, dopo la svolta spietata di Daenerys Targaryen, che se senza nessun apparente valido motivo ha deciso di dare alle fiamma Approdo del Re e tutti i suoi innocenti abitanti.

Ricordiamo che Daenerys è la figlia superstite del Re Folle, intenzionato a mettere a ferro e fuoco la stessa città che distruggerà poi la figlia.

La scelta di far diventare la Khaleesi il nuovo cattivo della serie non è piaciuta a molti.
La regina era sempre stata considerata un personaggio positivo, volta al riscatto dei più deboli e alla costruzione di un mondo più giusto.

Eppure, fanno notare i due showrunner Benioff e Weiss, che Daenerys è stata capace anche di atti ostili e violenti, benché  giustificati sul piano morale e di giustizia.

Torniamo alla domanda iniziale, nell’esordio di una patologia mentale ha più influenza la Natura ( i propri geni) o l’Ambiente (contesto ed esperienze)?

Partiamo innanzitutto spiegando che i geni non sono causa di comportamenti, ma i loro effetti sul comportamento sono

mediati dal ruolo che i geni stessi svolgono nella costruzione e nella modificazione delle strutture del corpo. Sono queste strutture a produrre, interagendo con l’ambiente, il comportamento. Per cui un gene potrebbe influenzare le capacità musicali promuovendo un sistema cerebrale in grado di analizzare finemente i suoni” .

(Gray, 2008)

Le nostre unità biologiche legate all’ereditarietà, potrebbero promuovere un comportamento aggressivo indirettamente, stimolando lo sviluppo cerebrale di sistemi che rispondono a certi stimoli esterni considerati negativi, organizzando un comportamento aggressivo.


Quindi se si trasmette alla prole un certo gene, può capitare che  le strutture si sviluppino in certo modo e che a loro volta promuovano comportamenti patologici.

Potrebbe essere il caso di Daenerys.

Studi su gemelli omozigoti hanno evidenziato che se uno dei due è affetto da schizofrenia, disturbi dell’umore e ecc., è altamente probabile che anche l’altro ne sia affetto. Persino nei casi in cui i due gemelli siano stati separati alla nascita e adottati da differenti famiglie.
Il peso dell’ereditarietà è di conseguenza molto forte.

Pensare, però, che la genetica condanni le persone a un certo destino senza possibilità di ribellarsi ad esso, è altamente ingiusto rispetto alla complessità dell’essere umano.

Abbiamo detto che se un certo gene è in grado di influenzare le strutture corporee di modo che di fronte a certi stimoli, considerati negativi, si predisporranno comportamenti patologici.
Non abbiamo ancora valutato il peso di considerati negativi, ovvero l’interpretazione personale che viene data allo stimolo.


Ed è qui che entrano in gioco il contesto e le esperienze vissute.
Differenti contesti e differenti esperienze determinano un modo di interpretare la realtà diverso per ognuno di noi.
Esistono fattori protettivi, persino nelle situazioni più disperate, in grado di promuovere uno sviluppo sano e la capacità di poter analizzare attentamente la situazione e scegliere che comportamento assumere.

Vivere in un contesto capace di offrire sicurezza, di stimolare le proprie capacità riflessive e di resilienza, rende le persone meno vulnerabili allo sviluppo patologico.

Tornando alla nostra regina ed escludendo i buchi di trama che hanno portato al repentino cambiamento,il fatto che abbia avuto una svolta così violenta potrebbe essere giustificato oltre che dai geni anche dalle esperienze non protettive vissute.

In rapida successione Deanerys ha perso due draghi, il fedele Jorah Mormont e la consigliera Missandei.

L’arrivo a Westeros era stato immaginato come una festa ma l’accoglienza non è stata delle più calorose.
Vista con sospetto al Nord, osteggiata al Sud,  non è stata considerata una salvatrice, come era successo ad Essos.

Inoltre la madre dei draghi è venuta a conoscenza del fatto che il trono, a cui ambisce e per il quale ha sopportato le più dure avversità, con la convinzione (forse assurda e sbagliata) di essere predestinata alla grandezza, non le spetta di diritto.

In poche parole la situazione che ha di fronte viene interpretata come estremamente minacciosa e ostile, tanto da rispondere con un comportamento altamente distruttivo.
In questo caso la combinazione di geni e di contesto ha avuto effetti esplosivi.

Per tornare alla domanda principale, se abbia più peso la Natura o la Cultura, non possiamo definire in modo assoluto il peso di ognuna dei due fattori.

Ma è chiaro che seppur geneticamente segnati, qualsiasi persona grazie al supporto del proprio ambiente può riuscire a svilupparsi in modo sano e benefico, in modo da poter reagire alle ostilità in modo non distruttivo.

Valentina Freni

BIBLIOGRAFIA
P. Gray, Psicologia, 2008 Zanichelli

 

3 risposte

  1. Anna ha detto:

    Da psichiatra mi verrebbe da dirvi che gli squilibri della Dany erano visibilissimi sin dalle prime battute 😛 altro che “povera stella”

    • linguaggidiversi ha detto:

      Grazie, Anna del commento.

      Come avrai letto il nostro team è composto da psicologi/psicoterapeuti che amano l’arte e artisti che amano la psicologia e che hanno esperienza nel settore psichiatrico.

      Siamo d’accordo nell’affermare che non abbiamo segnali che ci fanno pensare che Daenerys potesse arrivare a tanto.
      La cosa infatti ci è stata confermata da chi ha letto i libri: in quest’ultimi infatti Khaleesi chiede spesso della pazzia del padre lasciando intendere che sia preoccupata di fare la sua stessa fine. Tuttavia nella trasposizione televisiva questo timore non è stato rilevato né marcato.
      Giusto per dire uno dei tanti strumenti di storytelling presenti nel libro, ma assenti nella serie che potevano essere usati dagli sceneggiatori per preparare il terreno e rendere l’evoluzione del personaggio plausibile e realistico.

  2. Anna ha detto:

    Non posso che concordare con quanto affermato. Nei libri l’evidenza è più che chiara, mentre nelle serie hanno molto giocato sul fatto di una Khaleesi “buona”. In realtà la bellezza di Dany è proprio il suo evolversi da bambina alessitimica (ed atimolessica) a giovane grave borderline – basta notare i comportamenti che ha sia con il fratello che con i tanti partner- sino a manifestare la bellissima e finale rottura. Chapeau. Io vedo una evoluzione progressiva del personaggio, e non sono rimasta amareggiata per nulla dal vedere l’esito delle Campane. Semmai quello che delude è Jon Snow nell’ultima puntata ma questa è un altra storia. La vicenda della follia di Dany non è tanto nella genetica ma nelle insite sottili (o grandi) azioni che compie. Fragile nel dover essere eternamente seduttiva o sennò incapace di far altro. Ma grande nel finale del disegno della sua volontà (magistrale la Clarke in questo caso)

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