Perdersi per ritrovarsi nella bellezza

Perdersi per ritrovarsi nella bellezza

Penso spesso che non basterebbero molteplici vite per conoscere ed amare tutta la Bellezza prodotta dai miei simili umani. Ne ho continuamente conferma in tutte le forme d’Arte.

Altra cosa che spesso mi stupisce è notare la precocità di perfezione in componimenti giovanili di molti autori.

Nel Poeta che vi presento oggi abbiamo la convergenza di entrambe le cose di cui vi ho appena parlato, perché non ancora diffusissimo a livello mondiale rispetto all’indubbio valore -e quindi tutto da scoprire!- e perché la sua produzione letteraria –in cui comprendere anche saggi ed opere teatrali– si verifica in soli 5 anni, cioè dai suoi 17 ai 22.

Quando leggo componimenti così definiti e cesellati composti a 17 anni (stessa cosa vale per esempio per la nostra Antonia Pozzi!) non posso fare a meno di provare un immenso e grato stupore.

Jiri Orten è un Poeta Ceco di origine ebraica, morto a soli 22 anni in un incidente nel 1941, investito da un’autoambulanza tedesca, ai tempi appunto dell’occupazione tedesca. Infatti nella sua intera produzione possiamo ritrovare una visione pessimistica e dolorosa dell’esistenza, tipica dei tempi complessi in cui si trovò a vivere.



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La Poesia di lui che vi presento oggi è un domandarsi il proprio senso di appartenenza, anzi quasi un richiederlo, come una preghiera, a tutto quanto ci circonda ed a trovarlo in ogni cosa, anche la più –in apparenza- dolorosa.

In ogni caso questo mio articolo di oggi vuole essere un viatico per tutti a stupirsi della Bellezza, che è davvero più di quanta siamo in grado di immaginare!

Di chi sono? di Jiří Orten

Io sono dei piovaschi e delle siepi

e delle erbe chinate dalla pioggia

e della chiara canzone che non gorgheggia,

del desiderio che sta chiuso in lei.

Di chi sono?

Io sono di ogni piccola cosa smussata

che mai spigoli ha conosciuto,

dei piccoli animali che reclinano la testa,

sono della nuvola quando è straziata.

Di chi sono?

Io sono del timore che mi ha tenuto

con le sue trasparenti dita,

del coniglietto che in un giardino in penombra

esercita il suo fiuto.

Di chi sono?

Io sono dell’inverno ostile ai frutti

e della morte, se il tempo lo chieda,

io sono dell’amore, di cui sbaglio la porta,

al posto di una mela ai vermi lasciato in preda.

Laura De Santis

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